Visualizzazione post con etichetta Marías. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Marías. Mostra tutti i post

giovedì, novembre 11, 2004

Quando le cose finiscono

Quando le cose finiscono ormai hanno un loro numero e il mondo dipende allora dai suoi relatori, ma per poco tempo e non del tutto, non si esce mai del tutto dall'ombra, gli altri non finiscono mai e c'è sempre qualcuno per cui si racchiude un mistero. [...]
E quanto poco rimane di ogni individuo nel tempo inutile come la neve scivolosa, di quanto poco rimane traccia, e di quel poco tanto si tace, e di quello che non si tace si ricorda dopo solo una parte minima, e per poco tempo: mentre viaggiamo verso il nostro sfumare lentamente per transitare soltanto alla schiena o al rovescio di quel tempo, dove non si può continuare a pensare se non si può continuare a prendere commiato: "Addio risate e addio oltraggi. Non vi vedrò più, né voi mi vedrete. E addio ardore, addio ricordi".

Javier Marías, Domani nella battaglia pensa a me



(un paio di sere fa D. mi chiedeva come mai non avessi mai acceso la candela di Gerusalemme. Eccola.)

mercoledì, novembre 12, 2003

Come neve sulle spalle

"Così sopportiamo i secoli e così niente diminuisce né finisce mai, tutto si contagia, niente ci lascia andare. E questo tutto ci va scorrendo come neve sulle spalle, sdrucciolevole e placida, solo che è neve che viaggia nel tempo, e più in là di noi, e che forse mai si ferma".

Javier Marías, Il tuo volto domani

giovedì, maggio 29, 2003

O dramma o niente

"Abituati a vincere, abbiamo scoperto che perdere non finiva per ucciderci, e ciò ha il suo mistero. [...]
La prima lezione di ogni giocatore e di ogni allenatore dovrebbe essere questa: In questo gioco, se non c'è dramma non c'è niente. Se perdere o vincere una partita non viene vissuto come un evento cruciale e con una trama e una storia, con una svolta o una catastrofe, che riguarda il passato, il presente e il futuro, la dignità e il decoro e naturalmente la faccia con cui uno si alza l'indomani, allora lasciamo perdere e guardiamo in televisione le squadre degli altri con equanimità e tiepidamente (ben presto ci allontaneremmo da un programma così insulso). Il calcio è il circo dei nostri giorni, ma anche il teatro. Deve essere emozione, paura e tremito, desolazione o euforia".

Javier Marías, "Cuori così bianchi", Selvaggi e sentimentali.